venerdì 21 marzo alle 19.00

Ingresso libero. Drink e buffet inclusi per chi acquista il libro

Vi ricordate il libro Cuore, struggente diario di Enrico Bottini che dava un’immagine dell’Italia di fine Ottocento, e che ha appassionato generazioni intere di lettori?
Antonella Caprio e Franco Caprio propongono ai lettori di oggi un romanzo – Non c’è cuore (Betelgeuse editore) – che ricorda, nell’intento e nel pretesto di fondo (raccontare la società attraverso la scuola e guardare dall’interno ciò che succede in una microsocietà che è una classe), il libro Cuore, ma che lo reinterpreta e lo adatta non solo ai giorni nostri, ma al linguaggio e allo stile di oggi. Un Diario di scuola di Pennac ribaltato dal punto di vista degli insegnanti.

Una maestra di quarta elementare in una Torino difficile e multietnica si trova a interagire con una classe complicata, in cui le dinamiche sono da tenere sempre sotto controllo e il cui equilibrio già precario fra alunni, insegnanti e famiglie è minato da un “incidente”. La maestra, attraverso i mezzi e gli strumenti che ha a disposizione (temi dei bambini, diari, atteggiamenti) conduce una vera e propria indagine che aggiunge al romanzo un tocco di giallo.

Interessante lo stile del romanzo, che utilizza il risultato di tutti i mezzi di comunicazione oggi in uso e alterna stralci di diario, sms, trascrizione di tracce audio, status di Facebook e email, oltre che un modo di raccontare intimo e coinvolgente, una voce piacevole da seguire.

Niente moralismi in questo romanzo (come poteva essere nel libro Cuore) e in questa serata, ma l’espressione di un punto di vista particolare sulla scuola e sui bambini di oggi, che saranno la società di domani. Punto di vista autorevole, espresso da un’insegnante, l’autrice Antonella Caprio, un medico, l’autore Franco Caprio e la nostra Nicoletta Fattorosi Barnaba, anche lei insegnante, oltre che giornalista e direttrice culturale di Art Studio Café. Questa la sua recensione in anteprima:

Un libro scritto a quattro mani, da Antonella e Franco Caprio, per mettere in luce i disagi della scuola, intesa come istituzione costituita da alunni ed insegnanti. Il disagio familiare e sociale, dei primi, si scontra con la difficoltà di tenere “la classe”, da parte dei secondi. Una disperazione interiore, da sempre provata, nell’animo di alcuni allievi più o meno disadattati e la paura e il sentirsi inadeguata, di una maestra, si scontrano in questo racconto, direi quasi epistolare, in cui scorre la storia di un anno scolastico; al centro la classe IV D della scuola Primaria statale De Amicis, della periferia torinese. Una scuola da tutti reputata difficile, borderline, ma aspettarsi il peggio è nulla in confronto alla realtà che trova la maestra Silvia. Il libro si apre con una lettera scritta da Silvia Martini al dirigente scolastico, circa un evento tragico accaduto nella classe, fuori dell’orario scolastico.
Non cè cuore, cinico ritratto di scuola ci apre gli occhi su una società che dipingere degradata è poco. I valori della vita non ci sono, non c’è rispetto per le persone, né grandi, né piccole, c’è un senso di vuoto totale che pesa sugli animi dei protagonisti di questa vicenda. La maestra è sconfortata e chiede aiuto ad un’amica-collega più anziana, Mirella Sciascia, che le è vicina con saggi consigli, che le provengono dalla sua lunga militanza nella scuola, infatti è l’ultimo anno di lavoro, prima di andare in pensione.
La classe, protagonista, è formata da bambini di varie nazionalità, provenienza sociale e religione. La prima alunna che conosciamo è Pamela, Pam, come lei si firma, quello che ci dice ci apre subito gli occhi su una realtà, troppe volte nascosta o volutamente allontanata. Maschi e femmine di una classe che ci sembra siano adulti mal cresciuti, con una non-saggezza sfoggiata come se fosse il loro lato positivo, senza neppure pensare di dover ottenere conforto o approvazione da quegli adulti, incapaci di dare prova di maturità, quando a loro serve.

L’esperienza della maestra anziana, a confronto con la disperazione della giovane che si sente inadeguata è un po’ il punto fermo per le due donne che si ritrovano proprio parlando della scuola, anche se marginalmente scorre anche la loro vita privata. Tra consigli accettati e idee proprie, Silvia arriva alla fine dell’anno, augurandosi, anzi giurando a se stessa, che il prossimo anno scolastico non sarà più alla De Amicis. Prima della vera fine del libro, leggiamo la mail scritta da Mirella a Silvia, in cui le riflessioni sulla nostra società vengono messe a fuoco con determinazione e un po’ di tristezza.
Ovviamente non posso svelare la fine del libro, che ci offre una chiave di lettura per riflettere sui nostri modi di proporci agli altri, senza sempre dover dividere la società tra buoni e cattivi, o tra quello che è giusto e quello che non lo è. Ogni tanto dobbiamo cercare di vedere la vita sfumata, per coglierne il vero senso.
Un libro che ci fa pensare, scritto in modo leggero e a volte ironico, si legge facilmente perché ci parla di noi e della società in cui viviamo. Un libro che consiglio di leggere, a tutti: genitori, mastre/i, nonni, per mettere maggiormente a fuoco dove e come ci muoviamo in questa società che cambia così rapidamente, da lasciarsi dietro parte di noi, a volte quella migliore, non permettiamo che accada, mai.
Bellissima la frase finale del contributo di don Antonio Mazzi, che ci lascia una domanda a cui dovremo dare al più presto una vera risposta.

Nicoletta Fattorosi Barnaba

Per informazioni
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– info@artstudiocafe.com
– InfoPoint Art Studio Café

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