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Nicoletta Fattorosi ama Roma; la vive, e la racconta, con il cuore, con le emozioni, con le sensazioni, oltre che dandoci sempre notizie e aneddoti, pezzi di storia concreti e importanti. Questo ha fatto Carlo Verdone nel suo romanzo La casa sopra i portici: ci ha raccontato la “sua” Roma (la sua casa, la sua famiglia, i “suoi” posti) in maniera emozionante, coinvolgente, malinconica e intensa. Tanto intensa che la sua storia ci è rimasta dentro.

Lasciamo alle parole di una romana doc il racconto di questo romanzo, che consigliamo a tutti voi di leggere.

“Ho sempre detto che un libro è come un viaggio che porta in luoghi e pensieri lontani dal proprio io, per imprimere nell’animo nuove esperienze, ma mai come nel libro di Carlo Verdone ho trovato il riscontro a questo mio pensiero.
La casa sopra i portici ci fa entrare nella storia di una vita non nostra, ma che in qualche modo riconosciamo, attraverso momenti, sfumature ricordi simili a quelli dell’autore. La casa è lo sfondo delicato, divertente, solenne, attonito e sempre attento allo svolgersi del film più originale e vero mai scritto e interpretato, quello della vita di una famiglia reale. I sentimenti del protagonista si intrecciano in mille storie che sfumano sempre nelle varie stanze della casa dei 100 preti, come si chiama a Roma, in ricordo di una congregazione nata per il suffragio dei sacerdoti defunti. Una casa che prende, nel racconto, una dimensione sempre più umana, fino a diventare, assecondando il desiderio dell’autore, personaggio lei stessa.
La famiglia si ritrova, si racconta, si diverte, si confronta a tavola, durante le feste, negli scherzi, tutto sempre gira intorno ai due genitori, ma il vero cardine è la mamma, dolce e forte che determina anche il carattere della casa.
Mille i nomi noti che si alternano nelle varie storie raccontate, ma nessuno di questi giganteggia nel libro, come quelli meno noti e partecipi del racconto personale che si svolge in quel grande appartamento del Lungotevere dei Vallati.
Amici di gioventù, collaboratrici domestiche, tate che lasciano impresse nella memoria dell’autore momenti unici e irripetibili di una vita che va svolgendosi tra un’esperienza e l’altra. L’età adolescenziale passa in quelle stanze con una delicatezza e una forza, al tempo stesso, che determineranno il carattere del futuro regista-attore.
È bello pensare che nei suoi film sia riuscito a portare con sé tanta parte della sua vita, soprattutto abbia riconosciuto quanto e come siano entrati dentro di lui comportamenti, tic, frasi, gesti che per altri sarebbero, forse scivolati in un banale e lontano ricordo.
Con questo libro prendono maggior colore e significato anche i suoi film più famosi, grazie ai riferimenti che ci lascia nei diversi capitoli.
Mi ha colpito l’importanza data al campanello della porta, quello con la faccia di leone, perché attraverso quel suono sono entrati nella vita di Carlo Verdone personaggi, emozioni e tutto quello che poteva rappresentare lo stupore di un ragazzo che si affacciava alla vita. Una vita che, per gran parte, si svolge a Roma, altra silenziosa e discreta protagonista del racconto, una Roma di cui si evidenzia il cambiamento e la perdita di quanto più colorito e popolare ancora resisteva tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso.
Roma, altro grande amore dell’autore, che non poteva non apparire, occhieggiando da un terrazzo, presentandosi in un panorama sempre uguale e per questo sempre più amato, prendendo vita anche grazie alla voce del Muezzin portata dal venticello, appunto romano.
È un libro delicato, divertente, attento ai sentimenti, che va letto proprio per ricordare la ricchezza che ognuno di noi ha dentro di sé, grazie all’amore della famiglia di provenienza e a quanto si può costruire in un ambiente caldo e complice, che accoglie e matura le esperienze di tutto il nucleo familiare, che ha quindi il dovere di regalare di nuovo tanta ricchezza alle nuove famiglie che dal quel gruppo si costituiranno”.

Nicoletta Fattorosi Barnaba

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